La storia del clima in Italia
È da poco uscito l’ultimo libro del climatologo Luca Mercalli, una cronistoria del clima nel nostro territorio nazionale, dalla preistoria ai giorni nostri. Un racconto che unisce la scienza del clima alla storia e alla cultura del nostro paese, frutto di decenni di ricerche, ricchissimo di storie, di rimandi alle fonti e di citazioni di lavori scientifici. Un lavoro prezioso e originale, raccomandato a chiunque voglia meglio capire cosa è stato il clima che abbiamo ormai così pesantemente alterato, ed in particolare ai più giovani.
Raccontare in un solo libro la storia del clima, dalla fine dell’ultima glaciazione (circa 15.000 anni fa) fino ai giorni nostri, per di più in una nazione climaticamente variegata quale è l’Italia (pensiamo alle notevoli differenze, ad esempio, tra il clima alpino e quello siciliano) era un’impresa ardua. Luca Mercalli ci è riuscito con il saggio Breve storia del clima in Italia (Einaudi), in cui è riuscito a raccontare tutte le vicende importanti dell’evoluzione del clima nel nostro paese, unendo la ricostruzione scientifica del clima alle vicende della storia umana e del nostro paese. Nel libro non si trovano tabelle, mappe e grafici, come negli atlanti climatici o nei saggi scientifici, ma ci sono i dati, le riflessioni e citazioni, spiegazioni scientifiche sul perché delle variazioni climatiche e una miriade di riferimenti storici e documentali di vario tipo.
La breve storia del clima in Italia, che poi così breve non è, è un viaggio di 200 pagine che per la prima volta permette di seguire in modo coerente come è variato in queste migliaia di anni il clima in Italia. A dispetto della crescente importanza degli studi climatici nell’epoca moderna, fino a oggi non esisteva un compendio che parlasse della storia climatica del nostro paese nella sua totalità e nell’intero periodo della civiltà umana.
In passato Mercalli ha scritto innumerevoli testi di climatologia editi dalla Società Meteorologica Italiana e riferiti a singole località, vallate, e regioni, soprattutto nella regione alpina e padana, con ricostruzioni climatiche spesso ultracentenarie e basate sull’analisi delle misure disponibili. In altri testi invece si è dedicato alla divulgazione del problema dei cambiamenti climatici e delle loro conseguenze, come ha fatto del resto in tante trasmissioni televisive e in molte centinaia di conferenze in tutta Italia. In questo saggio, ha combinato le due competenze ed esperienze.


Partiamo dai dati. L’Italia
Negli ultimi anni si sono diffusi sensori elettronici più moderni (il più comune è la cosiddetta Pt100, resistenza al platino da 100 ohm), racchiusi in piccoli schermi ventilati naturalmente (v. foto), e connessi con un data logger trasmettitore, che si possono collocare direttamente all’esterno, senza bisogno di capannina. In entrambi i casi, il sensore (il termometro) deve essere posizionato in modo da essere sempre riparato dalla radiazione solare, per non rimanere surriscaldato da essa. Le modalità di schermatura rispondono a 
È passata – purtroppo – piuttosto inosservata la pubblicazione della “
Gli effetti del cambiamento climatico sul ciclo idrologico dei bacini della pianura padana [1] sono già tangibili. Tali aree, soggette ad una moltitudine di fattori naturali e antropogenici [2] sono particolarmente sensibili. Nelle Alpi Europee, la temperatura è aumentata di circa +2 gradi dal 1880, con trend in notevole aumento dal 1970 [3]. La diminuzione delle nevicate invernali e la precoce fusione in primavera stanno causando uno spostamento stagionale del deflusso da disgelo, con conseguente variazione del ciclo idrologico di queste aree [4]. Il ritiro delle aree glaciali altresì influenza l’idrologia delle aree alpine. Studi recenti mostrano che i ghiacciai delle Alpi rischiano di perdere una massa pari a ca. 2 Gt all’anno [5] e che tenderanno a scomparire alle quote medio-alte nei prossimi decenni [6,7].
Per poter parlare di temperature servono dati, dettagliati e affidabili. Il nostro riferimento per i dati delle temperature è sempre il database 